TRENI, CAMPANE E GIOCHI OLIMPICI
TRENI, CAMPANE E GIOCHI OLIMPICI
Dall’ex strada ferrata ai bronzi
Dal «ciuf ciuf» al «din don», sulle rive del Bacchiglione il passo è breve. La prima edizione della «Treviso Ostiglia Fest», evento interprovinciale dedicato all’ex ferrovia che, fino a diversi decenni fa, collegava Treviso, nel Veneto, con la cittadina mantovana di Ostiglia, in Lombardia ha fatto tappa al «Muvec» di Montegalda (Vicenza). Ossia il Museo Veneto delle campane, aperto nella primavera di 20 anni fa a Villa Fogazzaro Colbachini per volontà proprio della famiglia Colbachini di Padova, a coronamento della propria attività artigianale, più che bicentenaria, nella fusione delle campane. La perizia con cui questi fonditori erano in grado di realizzare bronzi da soli o in concerto è valsa all’azienda, nata a Bassano nel XVIII secolo e poi trasferitasi nel Padovano, il titolo di «Fonderia Pontificia», concesso nel 1898 da papa Leone XIII.
Per le oltre 200 campane della collezione, frutto della passione di un vescovo molto amato dai vicentini, il compianto monsignor Pietro Nonis, è stato così ritagliato uno spazio durante la kermesse che dal 24 al 26 giugno scorso ha fatto riscoprire a cicloturisti e non solo le peculiarità presenti nei paesi toccati dall’ex tracciato ferroviario sul quale, un tempo viaggiavano sferraglianti locomotive a vapore, alternate alle «littorine» a gasolio. La Treviso-Ostiglia, grazie ad un progetto supportato dalla Regione, negli ultimi anni è difatti «rinata» come pista ciclabile. Nell’arco di qualche anno verrà completato l’allestimento della ciclovia pure nel tratto mancante, dal Vicentino al Mantovano attraverso il Basso veronese, consentendo così agli amanti delle due ruote di poter godere di quest’itinerario privilegiato.
Concerto d’estate (ritorno al Muvec)
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Villa Fogazzaro Colbachini a Montegalda (Vicenza) |
Ecco dunque, dopo l’accurata visita guidata dalla direttrice del museo Chiara Donà, durante la quale si sono potuti scoprire i segreti dell’arte di fondere i sacri bronzi e anche ammirare le decine di campane esposte dentro e fuori la «sala della Fonderia», il «tour panoramico» è proseguito all’esterno della dimora storica, dove lo scrittore Antonio Fogazzaro ambientò il romanzo «Piccolo mondo moderno». Oltre allo splendido parco e al giardino «all’italiana», con le piante di limone tolte dalla loro serra e collocate sui loro piedistalli, il giro a piedi ha incluso la visita alla «Calcara», un’antica fornace all’aperto per la produzione di calce, trasformata da don Giuseppe Fogazzaro alla fine del 1800 in una «falsa rovina». La passeggiata è proseguita con l’ascesa al Monte Roccolo, che è il più alto dei sette colli che costellano il paesaggio montegaldese.
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Il Monte Roccolo Uno dei maestosi alberi della tenuta |
Tra alberi maestosi, quali lecci, pini neri, querce e bagolari, la visita si è conclusa con il ritorno in villa. Qui, approfittando dell’«ora che volge al desio», ne ho approfittato per eseguire alcune melodie con il carillon di 15 campane collocato nel prato accanto all’ingresso del Museo, improvvisando un piccolo «concerto», forte delle mie reminiscenze musical-campanarie. Il risultato, ovviamente, non è stato all’altezza dei «carilloneur», ossia gli esperti campanari che periodicamente si esibiscono ai «tasti» di questo singolare «pianoforte». Tuttavia per me è stata una nuova occasione (l’altra l’ho avuta lo scorso aprile) per apprezzare la sonorità di questo complesso. Dal catalogo del Muvec, curato da Manuel Brun, si appende che il carillon è intonato in La bemolle 3. La campana più grande pesa 450 chilogrammi mentre la più piccola è di 44 chili. Lo strumento sonoro venne fuso dalla fonderia Colbachini, nel moderno stabilimento di Saccolongo (Padova), nel 1995 per i 250 anni dell’attività dell’azienda.
Prima di approdare nel prato accanto alla Villa, il «concertone» era ospitato proprio nella fonderia di via Mattei. Uno stabile all’avanguardia, realizzato nei primi anni Ottanta in sostituzione della «storica» fonderia di Brentelle di Sotto, alle porte di Padova, che era rimasta attiva nel sessantennio precedente. Sempre dal volume dedicato alla collezione del Muvec, si ricava che l’accordatura del carillon è stata rettificata nel 2012 con l’apporto del maestro campanaro Livio Zambotto e che la tonalità è basata sul La con frequenza 440 hertz.
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Il carillon di campane fuse nel 1995 a Saccolongo (Padova) |
La fonderia che affascinò Ermanno Olmi
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Sagome in legno per la realizzazione degli stampi per le campane esposte al Muvec |
La visita al Muvec, oltre alla visione delle attrezzature utilizzate per creare i tre strati dello stampo di ciascuna campana, denominati rispettivamente anima, falsa campana e mantello, ha incluso anche la proiezione di uno spezzone del documentario «Artigiani veneti». Questa pellicola venne realizzata nel 1986 dal compianto regista Ermanno Olmi, scomparso nel 2018. Tra le attività documentate dal maestro della «settima arte» c’era appunto pure quella svolta dalla famiglia Colbachini. Si tratta di immagini doppiamente importanti, in quanto, oltre a documentare le varie fasi di preparazione e fusione della campana, rimaste immutate da secoli, testimoniano l’aspetto interno della vecchia fonderia padovana. Una foto all’interno dell’esposizione illustra l’esterno della «Pontificia fonderia» quando, nel 1934, venne fusa la grande campana del tempio di Cristo Re a Messina, pesante oltre 13 tonnellate (è la terza campana più grande d’Italia).
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L'ingresso della fonderia di Brentelle con il campanone per il tempio di Cristo Re (Messina) nel 1934 |
Altri strumenti più moderni, come le immagini aeree che si trovano online archiviate dall’Aerofototeca della Regione Veneto consentono di vedere come si presentava, dall’alto, la fonderia di Brentelle di Sotto nel 1981. Ossia pochi anni prima del film-documentario di Olmi.
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Vista dall'alto della vecchia fonderia di Brentelle di Sotto (Padova) nel 1981 |
A proposito della pellicola, Maurizio Zaccaro, regista e sceneggiatore, nel suo libro «La scelta – L’amicizia, il cinema gli anni con Ermanno Olmi» (Vallecchi Editore – Firenze 2020), ci svela un curioso retroscena riguardante proprio le riprese all’interno della fonderia padovana. Essendo il luogo dove venivano preparate le sagome e la successiva fusione dei bronzi piuttosto buio e difficile da illuminare con le tecnologie allora a disposizione, Olmi, in sede di montaggio, decise di accompagnare queste scene con i rumori di un «finto» temporale, in modo da giustificare allo spettatore la poca luce presente nel filmato.
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La fonderia Colbachini in un fotogramma del documentario "Artigiani Veneti" realizzato nel 1986 dal regista Ermanno Olmi |
Un salto a Cervarese Santa Croce
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Il campanile di Cervarese Santa Croce con la campana fusa a Saccolongo nel 2005 |
A pochi chilometri da Montegalda vi è il confine con il territorio padovano. Uno dei primi centri che si incontra dopo la vicina Montegaldella è Cervarese Santa Croce. Tale località è legata a filo doppio con i Colbachini, essendo la sede della «Ivg Colbachini» azienda leader a livello mondiale nella produzione di tubi di gomma flessibili per uso industriale e non solo. In paese il campanile, che sorge ad una certa distanza dalla nuova parrocchiale, ospita una delle ultime campane fuse a Saccolongo dai fonditori padovani. Il bronzo venne infatti fornito dallo Stabilimento pontificio nel 2005. Dopo anni la sua superficie è ancora lucida, a differenza delle tre campane maggiori, intonate in Si2 crescente e fuse negli anni Quaranta del Novecento dai Cavadini di Verona. Tra la campana Colbachini, che è un Fa diesis3 piuttosto calante ed il «terzo grosso» della fonderia veronese vi è un distacco di circa un tono, anziché di mezzo tono, come richiederebbe invece la scala musicale di modo maggiore.
E per finire...parliamo di atletica
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Fonte: www.assindustriasport.it |
Oltre ai treni (ex ferrovia Treviso-Ostiglia) e alle campane (Muvec), una menzione la merita, sempre a proposito della tradizione veneta e più specificatamente padovana di fondere le campane, l’atletica leggera.
Proprio in questi giorni è stata appesa all’impianto dell’Arcella di Padova una gigantografia del primo atleta padovano che ha partecipato ai giochi olimpici. Si tratta di Daciano Colbachini, appartenente alla nota stirpe di fonditori e imprenditori attivi nella città del Santo. L’immagine riprodotta su un telo di 14 metri per sette, installata nello stadio che è proprio intitolato a Colbachini, è stata scelta dalla Ivg e Assindustria Sport per celebrare i 110 anni della partecipazione del primatista ai Giochi di Stoccolma nel 1912. L’atleta raddoppiò la sua presenza alle Olimpiadi partecipando anche a quelle del 1920 ad Anversa.
Assindustria Sport, in una nota diffusa sulla propria pagina internet, fa riassumere direttamente a Giuseppe Aldinio Colbachini, presidente di Ivg Colbachini, il significato di quella gigantografia che ricorda l’atleta, nonché pioniere dell’aviazione, filantropo ed imprenditore. «Le imprese di Daciano Colbachini», queste le parole del presidente di Ivg, «ci ricordano che alla base di un successo duraturo ci sono talento, passione e determinazione. Grazie alla sua personalità è stato capace di condurre la plurisecolare attività della Fonderia Campane Daciano Colbachini e Figli – Stabilimento Pontificio verso le fide di un moderno e composito gruppo industriale. Il suo esempio è ancora oggi una fonte d’ispirazione».
Effeti
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