L'UOMO CHE SUSSURRAVA ALLE CAMPANE
L’UOMO CHE SUSSURRAVA ALLE CAMPANE
Uno degli specialisti nell’arte di riparare e dare vita nuova ai bronzi, sia sacri che delle torri civiche, era proprio Francesco Sabaini. Lo scorso 25 febbraio, familiari, compaesani e amici campanari hanno dato l’estremo saluto a questo artigiano, nella chiesa parrocchiale della «sua» San Martino Buon Albergo (Verona), cittadina alla periferia di Verona dove Sabaini è sempre stato attivo fin dal dopoguerra, avendo affiancato fin dall’età di 20 anni il papà Emilio in un mestiere che fu «inventato» da suo nonno, Francesco come lui. L’installatore di campane è spirato lunedì 21 febbraio all’ospedale cittadino di Borgo Roma, dove era ricoverato da qualche settimana. Il 6 marzo avrebbe festeggiato i 91 anni.
Francesco Sabaini nel 2018 durante una manutenzione al concerto del Duomo di Verona (tratta da Facebook) |
Una storia ultracentenaria
Gli stessi Sabaini, sulla pagina Facebook in cui descrivono l’impresa di famiglia, offrono agli internauti una ricostruzione della storia della ditta che tuttora si occupa di manutenzione ed installazione di campane ed orologi da torre nel Veronese e nelle province limitrofe. Campane e Sabaini diventano un binomio già alla fine del 1800. Il veronese Pietro Sancassani (1881-1972), per anni protagonista indiscusso dell’arte campanaria cittadina e non solo, nelle sue memorie manoscritte, pubblicate postume da Luciano Rognini, Laura Sancassani e Giancarlo Tommasi con il titolo «Le mie campane», ricorda che Francesco Sabaini si era trasferito da Castagnè a Montorio, sempre alla periferia di Verona: era un orologiaio, fisarmonicista oltre che appassionato suonatore di campane. Come poi fece il figlio Emilio, Francesco senior seppe dedicarsi ai concerti di campane sia come manutentore che come campanaro. Anzi, fu proprio lui il promotore, nel 1883, della rifusione del concerto di campane montoriese. Nel 1898 Francesco senior aprì ufficialmente l’attività di orologiaio. Venne quindi affiancato, dopo il 1918, da Emilio, nato nel 1898 e morto nel 1985. Emilio, che si era trasferito a San Michele Extra, nel 1925 aprì la propria bottega di «orologi e campane» in via San Nazaro. Il laboratorio di Sabaini rafforzò la presenza di attività lavorative legate all’arte campanaria nel quartiere di Veronetta. A poca distanza dall’attività di Emilio Sabaini, in via XX Settembre, era attiva fin dal XIX secolo la fonderia di campane della famiglia Cavadini, che chiuse i battenti nel 1974.
L’arrivo a San Martino Buon Albergo
Nel 1946, si legge nelle note pubblicate sul social dalla stessa azienda, Emilio si trasferì a San Martino Buon Albergo, dove aprì la propria «officina specializzata» in centro la paese, dedicandosi alla meccanica per campane. Una foto in bianco e nero risalente agli anni ‘50 ritrae papà Emilio ed il figlio Francesco ritratti con alcune campane da riparare davanti alla loro «bottega», che aveva dimensioni assai ridotte. Del resto il mestiere dei Sabaini non aveva bisogno di grandi stabilimenti, essendo esercitato prevalentemente sui campanili. All’età di 20 anni Francesco, figlio di Emilio, affiancò il papà nella riparazione di campane ed orologi. Quindi, nel 1985, con la morte di Emilio Francesco divenne il titolare dell’impresa, vendendo affiancato dal figlio Massimo e dal genero Davide che tuttora portano avanti la «Francesco Sabaini & C snc».
Francesco Sabaini (a sinistra) con il padre Emilio davanti all'officina di San Martino Buon Albergo negli anni '50 (tratta da Facebook) |
Su e giù per i campanili
Quanti campanili avrà scalato in oltre 70 anni di attività lavorativa Francesco Sabaini? Tanti. Il figlio Massimo ipotizza che il papà, in sette decadi di lavoro, sia intervenuto su almeno 500 torri scaligere e dei territori limitrofi, come le province di Brescia, Vicenza, Padova e nel Trentino. A differenza del papà Emilio, che era un provetto suonatore e compositore di musica per campane, Francesco non volle mai imparare a «concertare» le campane con il metodo in uso nella diocesi di Verona, limitandosi a farle roteare tramite le funi soltanto al momento del collaudo di qualche installazione appena conclusa.
Spesso la presenza di Francesco Sabaini, del figlio e del genero, quando operavano su qualche campanile, passava inosservata ai più, tranne che ai campanari, abituati da sempre, quando passano per un paese, ad alzare lo sguardo e a dare un’occhiata alle campane del suo campanile.
Francesco Sabaini accanto al concerto di campane di Tormine (Verona) sistemato nel 2018 (tratta da Facebook) |
«I signori del tempo»
Così L’Arena, lo storico quotidiano di Verona, titolava il 19 maggio 1993 descrivendo l’attività di Francesco Sabaini e del figlio Massimo. L’articolo, a firma di Filippo Brunetto, descriveva i giri dei Sabaini per riparare non solo le campane, ma anche gli orologi da torre. «Conoscono bene i segreti dei nostri campanili», scriveva il cronista, a cui l’artigiano di San Martino aveva descritto le varie suonerie programmate per i carillon delle varie chiese. Così a Borgo Trieste, quartiere di Verona, era stato impostato il motivo del Big Ben londinese mentre a Borgo Roma, rione a sud della città scaligera, era previsto quello del «Gesù divin lavoratore». Tra le musiche più richieste dai sacerdoti ai Sabaini, vi erano, e vi sono tuttora, le Ave Marie di Fatima, di Lourdes ed il Christus Vincit.
L'articolo che nel 1993 L'Arena ha dedicato ai Sabaini
(Archivio personale Fabio Tomelleri)
Il trofeo Sabaini
Per 20 anni esatti, fino al 2019, Francesco Sabaini ha voluto onorare la memoria del papà Emilio, il compositore e maestro suonatore di campane morto nel 1985, con un trofeo campanario a lui dedicato. Per le decine di squadre campanarie che, di anno in anno, hanno partecipato alle varie edizioni della competizione, svoltasi sui vari concerti «a sistema Veronese», la «campanella» messa in palio da Sabaini è stato uno dei premi più ambiti. Proprio nel giorno del funerale di Francesco, con un gruppo di amici suonatori dell’artigiano, abbiamo suonato al termine delle esequie un concerto con le sei campane di San Martino Buon Albergo, alle funi delle quali, nei decenni scorsi, si erano avvicendati proprio i campanari del paese coordinati da Emilio Sabaini.
Tra le varie melodie, eseguite portando le campane «a bicchiere» e facendole roteare di 360 gradi, abbiamo suonato un motivo musicale che ricorda il film «Fratello sole, sorella luna» girato nel 1972 da Franco Zeffirelli e dedicato a San Francesco, il santo patrono di cui Sabaini portava il nome.
Prima del concerto Matteo Padovani, presidente della Scuola campanaria Verona nonché direttore dei suonatori delle campane della Cattedrale di Verona, dall’ambone ha offerto ai presenti in chiesa un commosso ricordo a Sabaini. Nelle sue parole, Padovani, ha sottolineato la vicinanza di Francesco Sabaini al mondo dei campanari, con i quali ha contribuito, attraverso la promozione dei sistemi di suono misti elettrico-manuali nelle varie parrocchie, alla conservazione dell’antica tradizione del suono a corda dei complessi campanari, particolarmente sviluppata in questa parte del Veneto e nelle province lombarde con esso confinanti. Ora Francesco Sabaini è salito sul più alto dei campanili che abbia mai scalato in tutta la sua vita. Da lassù, certamente, gode il suono dei tanti concerti e delle singole campane che in 70 anni ha contribuito a salvaguardare e a ripristinare.
Effetì
Sopra: Francesco Sabaini durante la diciottesima edizione del "Trofeo Emilio Sabaini" del 2017
Sotto: particolare della campana assegnata alla prima squadra classificata
(foto gentilmente concesse da Eles Belfontali)
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