UN PICCOLO GRANDE MONDO DI CAMPANE

 

     UN PICCOLO GRANDE MONDO DI CAMPANE







A cavallo delle province di Vicenza e Padova, c’è una striscia di terra, lunga una decina di chilometri, che abbraccia entrambe le rive del Bacchiglione e rappresenta un’area geografica significativa dal punto di vista dell’arte campanaria veneta. Da Montegalda a Saccolongo, alle porte di Padova, questa è la zona dove le campane, rintoccano quasi tutte con la stessa voce, quella impressa a loro dalla Fonderia Daciano Colbachini e figli di Padova, «stabilimento pontificio» risalente al 1745.


Il museo


Villa Fogazzaro Colbachini a Montegalda (Vicenza)


Proprio in una storica Villa Veneta di Montegalda (Vicenza), la Villa Fogazzaro-Colbachini, appartenente all’omonima famiglia di fonditori, ha sede il «Muvec», ossia il Museo Veneto delle Campane, con la sua raccolta di sacri bronzi risalenti alle epoche ed alle aree più diverse. Si tratta di una collezione vasta, frutto dell’intuizione e della passione di un vescovo che ha inciso profondamente nella storia della diocesi berica, il compianto monsignor Pietro Nonis, che per anni ha caldeggiato la creazione di un’esposizione permanente dedicata ai sacri bronzi. Molte campane esposte appartengono alla Fondazione intitolata proprio a monsignor Nonis, a cui si aggiungono i manufatti raccolti in secoli di attività dai Colbachini.


Un prato disseminato di campane


Una delle campane del giardino esterno del Muvec


Che il Muvec sia un museo tutto particolare lo si può notare fin dai primi passi che si compiono al di là del cancello d’ingresso della Villa. Sulla destra, infatti, c’è un ampio prato erboso disseminato di... campane. Dalla loro patina verderame e dalle iscrizioni impresse su ciascuna di esse si comprende la loro storicità. In fondo al prato c’è un telaio metallico con 15 campane appese ed una tastiera. È il carillon in La bemolle maggiore realizzato dalla Fonderia Colbachini nel 1995 per celebrare i 250 anni della propria attività. Una tastiera di legno, da cui partono i cavi d’acciaio collegati direttamente ai batacchi delle campane permette di suonare i bronzi come le corde di un pianoforte. Ad ogni leva corrisponde una nota musicale e, come Don Camillo, il parroco ideato dalla fantasia dello scrittore parmense Giovannino Guareschi, faceva nei film della saga cinematografica a lui dedicata, pestando sui vari tasti si ottengono le più svariate melodie.


Il carillon installato nel giardino del Muvec

Il concerto si compone di 15 campane in La b






Il museo


La Sala della Fonderia all'interno del museo

Una delle campane esposte nella Sala della Fonderia



La visita al Muvec inizia dalla Sala della Fonderia, che, come ricorda la direttrice del museo Chiara Donà, si richiama volutamente alla storica fonderia dei Colbachini attiva a Brusegana, sobborgo di Padova. Si tratta del terzo stabilimento realizzato dalla famiglia originaria di Bassano del Grappa (Vicenza) dove il capostipite Giuseppe, nel XVIII secolo, aprì la prima officina-fonderia a Borgo Angarano. L’incremento della produzione spinse i Colbachini a trasferirsi nella città di Padova, dove avviarono un nuovo stabilimento nel centro cittadino, in via Scalona poi diventata via Barbarigo. Attorno agli anni Venti del 1900 lo Stabilimento Pontificio cambiò sede, spostandosi appunto a Brusegana, da dove uscirono centinaia di campane e concerti diretti in tutto il mondo. Questa fonderia fu attiva fino ai primi anni Ottanta, quando l’attività fu spostata nel nuovo edificio nella zona industriale di Saccolongo (Padova). Della storica fonderia di Brusegana rimangono le immagini filmate nel 1986 dal regista Ermanno Olmi (1931-2018) che vi volle ambientare una parte del suo documentario dedicato agli artigiani veneti, riprendendo le varie e complesse fasi della fusione delle campane.

L'insegna dello Stabilimento Colbachini
nella Sala della Fonderia 


Dopo la Sala della Fonderia, la visita prosegue con la collezione vera e propria. Ci sono campane di tutti i tipi e per tutti gli usi, dai campanelli di uso ecclesiastico ai bronzi orientali. C’è perfino una sezione dedicata alle campane delle navi. Un volume-catalogo, ricco di fotografie e di ricerche storiche a cura di Manuel Brun, permette di conoscere la storia dei bronzi più significativi della collezione. Ma anche di scoprire molte curiosità, come l’intervista al fonditore Giovanni Aldinio Colbachini o quella al «carilloneur» maestro suonatore di campane Livio Zambotto.


La fonderia di Brusegana



Il parco della Villa


L’altra grande attrazione della Villa Fogazzaro Colbachini è costituita dal vasto parco «romantico» che culmina con un giardino all’italiana. Il «polmone verde» è ampio 95mila metri quadrati ed è circondato da alberi, piante ma anche ruderi. Le guide del museo spiegano che qui si ritirava a meditare don Giuseppe Fogazzaro, che poi era lo zio dello scrittore Antonio Fogazzaro, autore dei romanzi «Piccolo Mondo Antico» e «Piccolo Mondo Moderno». Per quest’ultimo testo l’autore trovò proprio l’ispirazione dalla villa e dal parco che la circonda, ribattezzati nel testo letterario come Parco e Villa Flores.

Il parco di Villa Fogazzaro Colbachini



Da Montegalda a Cervarese


A pochi chilometri dalla villa-museo delle campane si trova Montegaldella (Vicenza), il cui campanile ospita ben 12 campane dello «Stabilimento Pontificio Colbachini». Sul sito della parrocchia di Montegaldella (www.parrocchiamontegaldella.it) si possono trovare parecchie notizie su queste campane e sulla squadra di campanari del paese. Pochi chilometri più in là e si è già in terra padovana. A Cervarese Santa Croce (Padova) ha sede l’Ivg Colbachini, l’industria che la famiglia Colbachini, accanto alla fusione delle campane, ha sviluppato a partire dagli anni Sessanta arrivando ad occupare una posizione di tutto rispetto a livello nazionale ed internazionale nella produzione di tubi flessibili di gomma per uso industriale.


La Ivg Colbachini di Cervarese Santa Croce (Padova)



Sul campanile di Cervarese, inoltre, esiste, accanto a tre campane maggiori fuse dalla Fonderia Cavadini, una quarta campana, affacciata proprio sulla strada principale, fusa dalla Fonderia Colbachini nel 2005. Si tratta di uno degli ultimi bronzi usciti dallo stabilimento di Saccolongo.


Il campanile di Cervarese con la campana fusa nel 2005 dalla Fonderia Colbachini 


Di fronte al campanile, sull’altro lato dell’arteria stradale che attraversa Cervarese, un’insegna ricorda che il parco è dedicato ad Annamaria Colbachini. Incuriosito da questa targa ho chiesto informazioni al Comune. Questa è la risposta che il responsabile della Biblioteca comunale di Cervarese, mi ha gentilmente dato: «La signora Annamaria Colbachini, a cui è stato intitolato un viale e l’attiguo parco pubblico in centro a Cervarese, è un’esponente dell’omonima, nota famiglia di costruttori di campane». «Tale intitolazione», ha puntualizzato il bibliotecario, «ha inteso tramandare nella toponomastica il nome di una famiglia che, conducendo un importante opificio nel territorio cervaresano, molto ha contribuito, e tuttora contribuisce, alla crescita e allo sviluppo del tessuto socio-economico non solo locale, ma dell’intera plaga».


Il parco intitolato ad Annamaria Colbachini



Arrivo a Saccolongo


L’ultima tappa seguendo in parallelo il corso del Bacchiglione non poteva trascurare Saccolongo, il centro del padovano nella cui zona industriale è stato attivo, negli ultimi decenni, lo Stabilimento Pontificio. Per oltre vent’anni, dagli anni Ottanta alla prima metà del primo decennio del Duemila, sono state numerose le campane singole ed i concerti usciti da questa fabbrica, realizzata con criteri moderni ed all’avanguardia. Molti campanari che hanno frequentato la fonderia ricordano il fabbricato, che esiste tuttora anche se è occupato da un’altra azienda. Come è stato evidenziato nel 2018 nel libro «Muvec – I capolavori dell’Arte Fusoria», dedicato da Manuel Brun al museo di Villa Fogazzaro Colbachini, il calo di richieste di campane sul mercato ha spinto la famiglia a concentrarsi in altre produzioni, pur continuando a fondere bronzi in serie limitata, riservandosi delle realizzazioni molto specifiche, di alto prestigio e a numero limitato. Del resto nello stesso volume viene ricordato che il Museo Veneto delle Campane «rappresenta il naturale punto d’arrivo per una tradizione familiare che ha saputo amalgamare la passione per l’arte della fusione con l’abilità manageriale».


Lo stabilimento dove si fondevano le campane nella zona industriale di Saccolongo (Padova)


Modellino della fonderia di Saccolongo







Effetì


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