LA CAMPANA CADUTA
LA CAMPANA CADUTA
Era un caldo pomeriggio di luglio degli anni Novanta: i bambini e gli animatori che nel campo sportivo dietro alla chiesa parrocchiale di San Zenone di Minerbe (Verona) frequentavano il Grest sentirono all’improvviso un tonfo ed un boato metallico giungere proprio dalla zona accanto al tempio religioso. Il «campanone», il maggiore dei cinque bronzi che stavano per essere issati sul nuovo campanile del paese, era precipitato a terra proprio durante le operazioni di installazione. La campana, dopo un volo di alcune decine di metri, aveva finito la propria corsa a terra danneggiandosi irreparabilmente, tanto che dovette tornare alla stessa fonderia che l’aveva gettata due anni prima per essere rifusa.
L’incidente, fortunatamente, non provocò feriti, suscitando soltanto un grande spavento tra i presenti ed un senso di rammarico per quell’imprevisto accaduto lungo la strada di «rinascita» del campanile del paese. Tuttavia, a differenza dello «Sputnik», il campanone «laico» che precipitando al suolo imprigionò al suo interno il sindaco Peppone nel film «Don Camillo monsignore ma non troppo», la campana maggiore di San Zenone non fece «prigionieri». Invece proprio un’ex primo cittadino del paese, l’ingegner Tullio Ferrari, è stato il progettista della nuova torre tornata a svettare sulle teste degli abitanti della frazione.
Le cinque campane di San Zenone di Minerbe, pertanto, vantano un duplice primato: non solo vennero realizzate prima del campanile che doveva ospitarle, ma proprio il «campanone» originario, a causa della caduta improvvisa, non arrivò mai nella cella che, sulla stessa torre, avrebbe dovuto accoglierlo con le altre quattro «sorelle».
Io stesso, prima della costruzione del campanile, nell’estate del ‘93, a bordo del mio motorino «Ciao» rosso fiammante mi ero recato a San Zenone per vedere il nuovo concerto di campane, con l’incastellatura che, in attesa della nuova torre, era stata eretta a terra, a fianco della chiesa. Le campane, così, venivano suonate provvisoriamente a mano attraverso funi. Ricordo che sul «campanone», quello poi precipitato a terra, l’iscrizione mostrava la data «avveniristica» del 2000, pur mancando ancora sei anni all’inizio del nuovo Millennio.
Il «campanone» nell’estate del ‘93: l’anno successivo precipitò dalla torre durante le fasi di installazione e dovette essere rifuso nel 1995.
Una donazione cospicua
Le cinque campane, come del resto i lavori di erezione del nuovo campanile, furono resi possibili grazie alla cospicua donazione di mezzo milione delle vecchie lire, concretizzatasi nel 1992, da parte di un benefattore, Inerio Ambrosi, nato nel 1909 nella frazione di Minerbe ed in seguito trasferitosi a Padova.
Il nuovo campanile inaugurato nel 1994
Gli articoli di cronaca dell’epoca ed un’accurata ricerca realizzata nel 2011 dagli alunni dell’Istituto comprensivo «Berto Barbarani» di Minerbe (consultabile all’indirizzo: https://drive.google.com/file/d/1y1ZK4-AC3fV7hwQWeoAco-BViAlYJV_r/view?usp=sharing) offrono parecchi particolari di quel progetto che restituì ai fedeli di San Zenone il loro campanile dopo più di mezzo secolo di vana attesa. Ambrosi, che è scomparso nel 2004, aveva voluto donare alla parrocchia la somma necessaria per concretizzare quello che era stato il sogno rimasto nel cassetto di un ex parroco del paese, don Carlo Ballarotto, dopo l’abbattimento del vecchio campanile avvenuto nel 1940.
Alcuni articoli della «Cronaca» e de «L’Arena» che raccontano le vicissitudini della costruzione del nuovo campanile tra il ‘93 e il ‘94
Una pieve antichissima
Una chiesa, nel piccolo centro che oggi conta 1.200 abitanti, esisteva prima del X secolo, ed era denominata «pieve» nel 1035. Una bolla di Eugenio III del 17 maggio 1145 riferisce di una «plebem sancti Zenonis cum capellis et decimis et curte». L’imperatore Federico I nel 1154, nominò la chiesa della frazione minerbese in un diploma. Sempre le note d’archivio della Curia veronese, inserite nell’edizione del 2021 dell’Annuario Diocesano, rivelano che nel 1450 San Zenone era parrocchia con arciprete, il quale, nel 1460, era definito «prelatus». La chiesa attuale venne costruita nel 1818 e consacrata nel 1873 dal cardinale Luigi di Canossa, allora vescovo di Verona.
Il tempio venne ampliato nel biennio 1923-’24. Gli interventi non si arrestarono qui: nel 1938 venne completata la facciata attuale, in stile barocco, realizzata su progetto dell’architetto Giovanni Salvi sul versante orientale della chiesa, al posto della precedente che si trovava sul lato opposto. In epoca più recente, tra il 2014 ed il 2016, l’edificio sacro è stato sottoposto a restauro conservativo.
La realizzazione della nuova facciata rese quindi necessario l’abbattimento del vecchio campanile, cosa che avvenne nel febbraio 1940. Gli abitanti di allora ignoravano tuttavia il fatto che avrebbero dovuto attendere più di mezzo secolo per rivedere una nuova torre fare ombra alla chiesa ed al gruppuscolo di case che le sorgono attorno. Così come lo stesso don Ballarotto aveva auspicato l’arrivo di un mecenate che permettesse di ricostruire il campanile.
Il desiderio del sacerdote venne «esaudito» proprio dal signor Inerio Ambrosi, che da vecchio parrocchiano, memore delle parole del suo antico parroco, nel 1992 offrì la somma necessaria per ricostruire la torre, e non solo. Difatti sul nuovo campanile non sarebbero tornate le cinque campane originarie, fuse dalla fonderia Cavadini di Verona negli anni Ottanta del 1800 e donate nel 1996 alla parrocchia padovana di Rivadolmo, bensì un nuovissimo concerto, sempre regalato da Ambrosi.
Un concerto nuovo di zecca
Il complesso di sacri bronzi venne realizzato dallo «Stabilimento pontificio» Daciano Colbachini e figli di Saccolongo (Padova). Le cinque campane, secondo il censimento dell’Associazione suonatori di campane a sistema veronese (consultabile sul sito https://www.campanesistemaveronese.it) è in tonalità di Mi3 ed è completamente elettrificato, anche se diversi appassionati di arte campanaria del territorio auspicano da tempo la possibilità di poterlo suonare a corda, come già avviene nel vicino capoluogo di Minerbe.
I dati del censimento delle campane di San Zenone di Minerbe
Nel 1992 vennero dunque fusi i cinque sacri bronzi che giunsero in paese con oltre un anno di anticipo rispetto all’ erezione della torre campanaria. Nell’estate del 1993 erano già montate sulla loro incastellatura e suonabili «da terra» tramite funi, nell’area oggi denominata «piazzetta San Zeno Vescovo».
Proprio in fondo al terreno dove erano state collocate provvisoriamente le campane, nei mesi successivi, partirono i lavori di costruzione del campanile, che arrivò al tetto nell’aprile del 1994.
Quindi iniziarono le operazioni di installazione delle campane, funestate, nell’estate del ‘94, dalla caduta del campanone. Perciò, al momento dell’inaugurazione del campanile avvenuta il 4 settembre 1994 alla presenza dell’allora vescovo di Verona monsignor Attilio Nicora, le campane pronte a squillare furono solo le quattro minori, in attesa della fusione di una uova «sorella maggiore», che venne realizzata dalla ditta Colbachini nel 1995, tornando così a completare il «quintetto» bronzeo che tuttora fa sentire i suoi rintocchi prima delle messe.
Il concerto di cinque campane nell’estate del 1993 in attesa della costruzione della torre campanaria: in primo piano il campanone precipitato a terra nel 1994 e rifuso nel 1995
Il video
La fonderia
Il complesso campanario di San Zenone fu considerato uno dei «fiori all’occhiello» della fonderia Colbachini, all’epoca gestita da Giovanni Aldinio Colbachini, tanto da comparire nei primi anni Duemila, sul sito internet della stesso «Stabilimento pontificio», nell’elenco dei concerti italiani considerati più rappresentativi dalla stessa azienda padovana. Lo stesso spazio web riportava immagini delle lavorazioni e di concerti appena realizzati dalla storica impresa padovana.
L’elenco dei principali concerti fusi dai Colbachini riportato sul sito internet della storica fonderia nei primi anni Duemila
A testimonianza della plurisecolare produzione di questa fonderia, nata ufficialmente nel 1745 ed attiva dapprima a Bassano del Grappa (Vicenza) e, in seguito, a Padova, nel 2002 è stato aperto il «Museo veneto delle campane» (Muvec), allestito in un’ala della Villa Fogazzaro-Colbachini di Montegalda (Vicenza).
Le campane di San Zenone, dunque, vennero fuse nel nuovo stabilimento di via Enrico Mattei, nella zona industriale di Saccolongo (Padova). L’edificio, ampio 1.200 metri quadrati, appena costruito, sostituì a partire dal 1982 la «storica» fonderia attiva dagli anni Venti del 1900 a Brentelle di Sotto, alle porte di Padova. Quest’ultima officina, a sua volta, era sorta come nuova fonderia al posto di quella aperta alla fine del Settecento dai Colbachini in via Barbarigo (già via Scalona), nel cuore della città del Santo.
Dal 1898 l’azienda padovana si fregiò del titolo di «Fonderia Pontificia» su concessione di Papa Leone XIII. Tale privilegio fu confermato nel 1904 da da Pio X, al secolo Giovanni Sarto, già patriarca di Venezia.
La fusione del bronzo nello stabilimento di Saccolongo
Un concerto appena realizzato nella fonderia Colbachini
Veduta esterna dello stabilimento di Saccolongo
Effeti
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