L'IMPORTANZA DI CHIAMARSI DACIANO
L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI DACIANO
Cinque cerchi e una campana. Daciano Colbachini è un nome molto noto a Padova. Con questa intitolazione, nel 1999, fu ribattezzato il vecchio «Stadio Littorio» del quartiere Arcella: tale impianto, rimesso a nuovo qualche anno fa, annualmente ospita il «Meeting internazionale di atletica» a cui è associato un premio in memoria proprio del primo atleta padovano che gareggiò alle olimpiadi moderne. Tale agonista era appunto Attilio Daciano Colbachini, che divenne pure pilota aviatore prima, durante e dopo la Grande guerra del 1915-’18, mentre al termine del Secondo conflitto mondiale si affermò nella sua città come uno dei primi «capitani d’industria».
Le recenti Olimpiadi di Parigi sono state l’occasione per «rispolverare», anche nella città di Padova, le «gesta» dell’olimpionico Daciano Colbachini. Questo nome, per quasi tre secoli, è stato un «sigillo di garanzia» per un altra attività legata alla famiglia dell’olimpionico, ossia quella della realizzazione di campane. Il nome «Daciano Colbachini e figli» campeggia infatti fin dal XIX secolo sulle squille sparse in tutto il mondo e realizzate dalla dinastia di fonditori originaria del Vicentino e che ebbe particolare successo economico nella Città del Santo.
L’antica fonderia di via Scalona
Uno dei cortili interni della fonderia di via Scalona, da un catalogo di fine ‘800
(Si ringrazia Giovanni Aldinio Colbachini per la consultazione del volume)
Fu a Padova che, ai primi dell’Ottocento, Daciano Colbachini (1746-1830), il primo della stirpe con tale nome, decise di aprire la propria fonderia in via Scalona (oggi via Barbarigo), allestendola in un ex convento confinante con lo storico Palazzo Papafava dei Carraresi. Ancor oggi, di fronte al liceo «Nievo», è riconoscibile il porticato della facciata principale della fonderia, con annessa abitazione, dove fin dalla sua nascita, il 31 ottobre 1893, un altro Daciano, l’atleta-imprenditore, cominciò a respirare fin da bambino la fuliggine, ma anche la concitazione e le atmosfere «magiche» che circondano la fusione delle campane. Nel catasto austriaco del 1846, secondo i dati messi a disposizione online dall’Archivio di Stato di Padova, le aree in cui era attiva quell’antica fonderia, classificati come «casa con portico ad uso pubblico» e «orto», risultano intestati ai fratelli Gaspare e Bartolomeo «quondam» Daciano (morto nel 1830) «Cobalchini (sic!)».
Nell’ambito famigliare il nome Daciano era ed è tuttora ricorrente, come ha messo in evidenza con le sue ricerche lo storico ed esperto di arte campanaria Luca Chiavegato: oggi Daciano Aldinio Colbachini, un altro discendente della famiglia omonimo dell’illustre avo, è impegnato alla guida della Ivg, l’Industria Veneta Gomma fondata nel 1966 da Attilio Daciano, l’atleta aviatore. Dopo la morte dell’olimpionico, avvenuta nel 1892, Ivg è stata presieduta dal pronipote Giuseppe Aldinio Colbachini, scomparso lo scorso ottobre a 78 anni e padre di Daciano «terzo».
L’industria della gomma, con la produzione e commercializzazione di tubi di questo materiale a livello internazionale, il nuovo «business» intuito da Attilio Daciano negli anni Sessanta. Tale diversificazione d’impresa ha permesso alla famiglia di mantenere una continuità aziendale iniziata a metà del Settecento (la data convenzionale di avvio della ditta è il 1745) proprio con la realizzazione di campane. Oggi, la «Fonderia Campane Daciano Colbachini e figli Stabilimento pontificio», pur non realizzando più bronzi per il mercato, è la «capostipite» del gruppo industriale di cui la «Ivg» di Cervarese Santa Croce (Padova) è il perno. L’arte campanaria è mantenuta «viva» attraverso il Museo veneto delle Campane (Muvec), intitolato appunto a Daciano Colbachini, ed allestito nella storica Villa Fogazzaro-Colbachini di Montegalda (Vicenza).
La campana del Muvec con l’intitolazione del museo a Daciano Colbachini
La campana di Daciano
L’ingresso dello stadio Colbachini in una giornata nebbiosa
Entrando nello stadio «Colbachini» di Arcella, quartiere di Padova, sulla sinistra, attaccate al muro degli spalti, ci sono una lapide ed una campana dedicate al campione di atletica leggera, nato il 31 ottobre 1893 e morto il 13 parile 1982 sempre nella «sua» Padova. Dai registri di fusione compilati dal fonditore Giovanni Aldinio Colbachini e custoditi dal Muvec, si ricava il peso e la nota di questa campana ornamentale: è un bronzo di 103 chilogrammi ed emette la nota «mi» della quarta ottava. Venne fusa nei primi mesi del 1999, in tempo per la cerimonia di intitolazione degli impianti che avvenne agli inizi di aprile dello stesso anno, nello stabilimento di Saccolongo (Padova). Questo era l’ultimo e il più moderno dei siti produttivi della fonderia, dopo quello aperto da Daciano in via Scalona, sostituito nel 1926 dal nuovo capannone di Brentelle di sotto – Brusegana, in seguito demolito dopo il trasferimento delle attività nella zona industriale saccolongana.
La campana dedicata ad Attilio Daciano Colbachini allo stadio di Arcella
Un ampio resoconto delle imprese atletiche di Attilio Daciano è fornito dal Comitato olimpico nazionale italiano (Coni) che sul suo sito internet istituzionale ha dedicato un ampio spazio all’ «olympiabolario», ossia il dizionario degli olimpionici italiani curato da Giampiero Petrucci e Alberto Zanetti e Lorenzetti. Dalla ricerca dei due autori emerge la passione giovanile di Attilio Daciano per l’atletica, che lo spinse ad iscriversi giovanissimo all’Associazione ginnastica e sport di Padova. Sul sito del Coni, nella sezione dedicata ai campioni dei giochi olimpici estivi, si scopre così che la specialità di Attilio Daciano era la corsa ad ostacoli. Nel 1910 giunse secondo nel Campionato Veneto di tale specialità, vinto l’anno seguente. «Colbachini», scrivono gli autori della ricerca, «affina la tecnica, diventando un precursore della specialità sia nel migliorare il passaggio dell’ostacolo sia nel percorrere i famosi tre passi tra un ostacolo e l’altro». Nel salto in lungo Colbachini, nel 1911, ottenne la miglior prestazione stagionale di tutta Italia, coprendo 6,52 metri. In questo caso, tuttavia, la distanza fu favorita dall’utilizzo della «pedana elastica», uno strumento allora in voga secondo una tecnica poi andata in disuso.
L’anno della svolta è il 1912, quando, con in tasca la tessera del Club sportivo padovano, l’esponente della nota dinastia di fonditori di campane raggiunse il primato italiano dei 110 ostacoli totalizzando 16’’ 1/5 a Montecarlo. La riconquista del titolo italiano valse a Colbachini come selezione per le Olimpiadi di Stoccolma, previste proprio per quell’anno. «Il viaggio in treno», scrivono gli autori dell’Olympiabolario, «dura tre giorni e tre notti, in cui i nostri atleti dormono poco e male, qualcuno è addirittura costretto a dormire sul pavimento, dato l’affollamento dei vagoni». Un approccio ai giochi olimpici, dunque, di tutt’altro tipo rispetto a quanto avviene oggi. Durante la trasferta svedese Colbachini fu eliminato nella semifinale dei 110 a ostacoli, tuttavia dopo queste olimpiadi Attilio Daciano continuò a migliorarsi. Quindi l’obiettivo dei giochi olimpici di Anversa, in Belgio, sembrò a portata di mano. Tanto più che il 13 giugno 1920 nella prima prova di selezione a Udine, Colbachini ottenne il record italiano correndo i 110 a ostacoli in 15’’ 3/5. Alle Olimpiadi nella città belga Colbachini, dopo un ottimo esordio, non riuscì a superare la semifinale. Rimanendo comunque il più forte in patria, visto che il 19 settembre dello stesso anno rivinse il titolo tricolore per questa specialità a Roma.
Non solo sport
Accanto all’impegno atletico, Colbachini proseguì pure la carriera militare e, alla fine della Seconda guerra mondiale, mostrò tutto il suo talento nel settore della nascente industria post-bellica. Gettando le basi di quel «boom economico» che caratterizzò il quinquennio 1958-’63 specialmente nel Nord Italia.
Attilio Daciano Colbachini nel suo ufficio nel Dopoguerra (immagine tratta dal libro «Voglia di volare» di Guido De Nobili)
La continuità con la fonderia di campane, nel frattempo presa in gestione dal fratello di Attilio Daciano, ossia l’ingegner Giacomo Colbachini, balza agli occhi pure nella prima grande industria fondata dall’olimpionico. Per la sede degli uffici della Forniture industriali Padova (Fip), poi trasferita a Selvazzano Dentro (Padova) e ceduta, nel 1945 Attilio Daciano scelse proprio i locali della vecchia fonderia di via Barbarigo, in centro a Padova, dismessi da una ventina di anni dopo il trasferimento dello stabilimento a Brentelle di Sotto. Tale informazione è rivelata da Guido De Nobili nel suo libro «Voglia di volare», stampato nel 2011 e messomi gentilmente a disposizione dalla dottoressa Chiara Donà, che dirige con passione e competenza il Muvec. A Daciano Attilio Colbachini, che pure da imprenditore mantenne il suo carattere di filantropo, sponsorizzando pure diverse attività e squadre sportive, è intitolata pure l’aviosuperficie di Montegaldella.
La competenza acquisita in campo industriale, venne ulteriormente ribadita dall’olimpionico Colbachini nel 1966 con la creazione dell’ «Ivg», a cui ha dato una continuità pure nella gestione familiare scegliendo di far lavorare accanto a lui Giuseppe Aldinio Colbachini, figlio del «professor» Vincenzo Aldinio e di Anna Maria Colbachini, figlia dell’ingegner Giacomo e nipote di Attilio Daciano.
De Nobili, nelle sue ricerche, riferisce pure che una volta «appese le scarpette al chiodo», nel 2021, l’atleta Colbachini rimase comunque nell’ambito dell’atletica «come esponente del movimento sportivo». Nell’estate del 2023, proprio per ricordare il legame tra Attilio Daciano e la sua città, allo stadio di Arcella è stata appesa una gigantografia che lo mostra durante una delle sue sfide atletiche. E ogni anno, durante il «Meeting di atletica» organizzato a Padova, un «memorial» viene dedicato proprio al fondatore della «Ivg». L’appuntamento di quest’anno, tuttavia, è stato rimandato al 2025 «per non interferire con gli importanti lavori di riqualificazione di piazzale Azzurri d’Italia», come rivelano gli organizzatori in una nota stampa. Precisando che la decisione «dolorosa ma necessaria», è stata presa di concerto da Comune e Assindustria Sport.
Nelle precedenti edizioni della manifestazione il legame tra l’olimpionico Colbachini, l’atletica e le campane è stato sancito tramite il dono, come premio del vincitore della corsa dei 110 metri ostacoli durante la kermesse di respiro internazionale, di una campana offerta dalla «Ivg», fondata appunto da Attilio Daciano.
L’appuntamento con il 37esimo «Meeting» atletico padovano, dunque, è rinviato al 2025, anno in cui, sempre rimanendo in tema di traguardi, le aziende dei Colbachini taglieranno un importante traguardo. Ossia quello dei 280 anni di esistenza della «Fonderia campane Daciano Colbachini e figli – Stabilimento pontificio», attiva dal 1745, che costituisce la base sulla quale si è sviluppata, nell’ultimo sessantennio, la «diversificazione industriale» che ha permesso alla famiglia padovana di affermarsi in campo industriale. Pur rimanendo i suoi componenti ancorati, sia pur solamente dal punto di vista storico, alla tradizionale arte di produrre campane appese nelle torri di tutto il mondo.
Effeti
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